I’ve done too much, for too many, for too long, with too little regard for myself*

set 21. 2018

Quando il nostro equilibrio psico-fisico è compromesso dai troppi impegni, dalla cura di malattie o fragilità e da stati di insoddisfazione il corpo risponde con il burnout.

Che cos’è il Burnout?

Sempre più spesso si sente parlare di rischio burnout (letteralmente, “bruciarsi”) nella popolazione, ma cosa c’è dietro questo apparente esaurimento fisico e psicologico per la maggior parte dei casi dovuto ad un forte carico di ansia e stress, tale da non rendere più in grado una persona persino di badare a sé stessa?

La realtà di UGO ci permette di toccare con mano tutte quelle situazioni che vedono persone con fragilità, provate da malattie o affette da disabilità a fronteggiare ogni giorno una quotidianità fatta di cure, analisi o semplici spostamenti. Ma sono le persone incaricate a prendersene cura, i caregivers, che hanno in mano il destino di ognuno di loro, una responsabilità assai grande che si stima in Italia spettare a 8 milioni e mezzo di persone, oltre il 17% della popolazione; e quando il carico è troppo grande l’organismo subisce un arresto.

Le ricerche statistiche indicano inoltre che, in genere, i caregiver nell’80% dei casi sono donne tra i 45 e 64 anni e spesso per svolgere le loro attività di assistenza sono costrette ad abbandonare il lavoro o a passare ad un regime di part-time con conseguenti frustrazioni e insoddisfazione. Ad aggiungere altro fuoco ad una situazione emotivamente e professionalmente poco appagante ci sono quei ruoli fondamentali per il buon equilibrio di una famiglia, ossia l’essere mogli e mamme. Non è quindi sempre facile essere donne acrobate, in grado di spostarsi da un posto all’altro, mantenere un buon livello lavorativo, soddisfare famiglia e parenti e mantenere quella lucidità necessaria per affrontare ogni giornata con il sorriso.

Cosa si rischia con il burnout?

Non ci sono dati precisi sul numero di persone soggette a burnout ma è una situazione che si verifica spesso fra i caregiver: si mette da parte la propria vita con il rischio di annullarsi, nascondersi dietro a un qualcosa che rappresenta, a un certo punto, “un dovere imprescindibile”. Si entra in un vortice di sensi di colpa, mancanze, solitudine, da cui non è sempre semplice uscire. E alla base di questi momenti di sconforto, di stress, che possono anche durare parecchio tempo, nei quali tutto sembra avverso, in cui ogni cosa pesa il doppio rispetto al suo peso reale c’è un cambiamento nel modo di vivere la relazione con il proprio caro, che ora è da sostenere, da supportare e da accompagnare nelle sue attività.

Questa condizione non rappresenta soltanto un problema dell’individuo ma si propaga in maniera altalenante nell’ambito familiare innescando un circolo vizioso di negatività, distruzione e insoddisfazione. 

 

Per prendersi cura di qualcuno ci vuole intelligenza emotiva.  

L’intelligenza emotiva viene definita da Goleman come la capacità delle persone di affrontare le difficoltà in modo efficace ed ottimale. Per poter reggere una situazione di fragilità è importante attivare quella parte neuronale e sensibile che ci consente di coordinare tutte le nostre attività giornaliere. A volte non è facile accettare l’idea che non si sia capaci di fare tutto da soli. Ma è proprio questo il problema. Nei casi di sostegno ad anziani o persone con disabilità, ad esempio, può capitare che a pagarne le conseguenze maggiori, in termini di equilibrio ed energia, siano i familiari che si occupano di tutto.

La cosa da tenere a mente è che da soli si è più fragili e, soprattutto, non si è in grado di aiutare al 100% la persona cara; è fondamentale percepire quali sono le proprie priorità e le mansioni da svolgere affinché si possano poi comprendere i limiti che ognuno ha e poter attuare delle soluzioni atte a portare il benessere nella vita di chi sta intorno a noi.

E’ importante far proprio il concetto dell’affidarsi e permettere che una propria mansione possa essere svolta da altri, strutture e realtà di ascolto e supporto nella gestione di persone care in grado di ristabilire nella vita di una persona in “overflow” un buon equilibrio e benessere. Non si tratta di uno “scarico” delle responsabilità, ma di soluzioni per evitare di accumulare tensioni, non facili da sostenere ed esaurire le energie.

*(Sotile, 2003)

Noi di UGO proponiamo di far proprio questo detto orientale che dice: “Quando hai fretta, cammina lentamente!”

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