Come sopravvivere fra mobilità ridotta e altre forme di disabilità

nov 02. 2022

Assicurarsi una buona qualità di vita, mantenere la dignità e il benessere sociale sono obiettivi da preservare anche nella quotidianità di un disabile.

Nella settimana dedicata alla disabilità abbiamo pensato di destinare uno speciale approfondimento alle persone che convivono giornalmente con delle limitazioni, causate da un incidente, da una malattia o anche solo dal fisiologico invecchiamento. Vogliamo far capire alla persona disabile, facile a scoramento e isolamento, che ancora può contare su caratteristiche proprie che esistono e che sviluppate al meglio, rendono la sua vita degna di essere vissuta.

Quando ci si approccia ad un disabile è comune vedere prima le quattro ruote e poi la persona seduta sopra di esse, la loro percezione genera già barriere ancor prima di conoscere l’entità della disabilità, sono approcci e sguardi pregiudizievoli che generano una cultura dello “straordinario” verso tutto quello che persone con disabilità riescono a fare, da sole o con aiuti.

Eppure stando ai sondaggi sono i caregiver quelli che in realtà soffrono di più, che risentono di più delle conseguenze della malattia, soprattutto a livello psicologico, e che sempre più chiedono supporto per capire come preservare un buon equilibrio nella propria vita, ma anche che vengano tenute in considerazione le proprie sofferenze e difficoltà.

Cosa significa essere disabile in Italia?

Da uno studio Istat del 2017 in Italia i disabili (sopra i 6 anni di età) in totale sono 3,2 milioni, di questi 2,5 milioni sono anziani, over 65; con un’incidenza maggiore per le donne rispetto agli uomini. Con limitazioni di ampio spettro: si va dai problemi di movimento e locomozione (1,5 milioni di persone), alla carenza di autonomia nelle attività quotidiane come vestirsi o lavarsi i denti (circa 1 milione), ai problemi di comunicazionevistauditoparola (circa 900mila). Di questi, quasi 1,4 milioni di persone sono costrette a letto, su una sedia o a restare confinati nella loro casa per impedimenti fisici o psichici.   E questa condizione oggi significa avere bisogni inespressi, cercare risposte dalle istituzioni che spesso mancano, significa dover fare i conti con i soldi che non bastano, significa sentire su di sè gli sguardi compassionevoli, di disprezzo o di finta carineria degli altri. Oppure ancora dover rinunciare a uscire di casa, non avere una maestra di sostegno, dover scendere le scale della metropolitana con le braccia o elemosinare fondi per poter vivere dignitosamente in casa propria, e soprattutto accontentarsi, quando va bene, semplicemente di trovare un lavoro, non quello desiderato ma quello possibile. Si tratta di affrontare una serie di difficoltà materiali, sociali ed economiche per sé e la propria famiglia, poichè la disabilità di una persona incide non solo sul soggetto portatore ma anche sulla costellazione familiare e amicale che lo circonda. Se vogliamo cogliere l’aspetto costruttivo dell’essere disabile sta nella forza al contempo di cercare e trovare soluzioni alternative alle cose che tutti fanno quotidianamente in maniera automatica e che li rendono attivi e ancora degni di essere, come chiunque.  Ma quanti sono quelli che si lasciano andare alla loro condizione limitante?

Riscoprire il tempo e la sua qualità permette di vivere la disabilità come una diversa abilità

Attualmente il concetto di salute si identifica in uno stato di benessere che coinvolge la dimensione fisica, psicologica e sociale dell’individuo. E strettamente legata alla percezione di benessere è la qualità della vita, misurata in base al soddisfacimento o meno del modo in cui si vive la propria quotidianità, data anche dall’impiego del tempo libero in attività gratificanti. Nel disabile spesso la qualità della vita appare scadente per le sue ore giornaliere vissute tra strutture ospedaliere e riabilitative e in virtù del fatto che il tempo libero è un tempo vuoto, abitato dalla solitudine e dalla noia o dalla compagnia di badanti o persone poco connesse con la reale personalità del disabile ma solo dedite alla sua cura sanitaria e assistenziale.

Il filo sottile che regola approccio costruttivo e diversità passa dal riconoscimento della sfera umana ed emotiva della persona disabile. Saper riconoscere l’individuo e non il suo limite e renderlo in condizione di esprimere la sua personalità, questa è la reale barriera da abbattere per dare ad ogni disabilità la forza di riconoscersi nella società.

Anche le case strutturate e addobbate con i supporti più innovativi di sempre possono diventare gabbie dorate per chi ci passa tutta la sua giornata; quello che conta maggiormente è rendere una persona libera e autonoma nel suo voler o non voler fare ed è per questo che mantenere l’indipendenza e coltivare i rapporti sociali è più importante di qualsiasi ausilio, aumenta la forza e l’energia interiore che permette al disabile semplicemente di CAMBIARE il modo di fare quello che in precedenza faceva più agilmente.

È giusto mantenere una diversità, ma nei supporti non nell’approccio

Noi di UGO proviamo con i nostri servizi a rendere normale uscire a fare una passeggiata, essere accompagnati a un cinema o dagli amici di sempre per passare un pomeriggio, oppure andare in ospedale con il supporto di una persona totalmente e qualitativamente dedita a te in quel momento, senza frustrazioni o cellulari come seconda occupazione.

I caregiver già troppo si fanno carico di bisogni e necessità, hanno un senso smodato di protezione e non riescono a vivere certe situazioni con il giusto distacco di chi sta comunque andando a “toccare” la vita di  un’altra persona per inserirla in un vortice di: visite, attese, silenzi, responsi, frustrazioni e sensi di colpa, cure e assistenza che invalida un disabile ad essere il vero protagonista della sua vita. E in questa settimana dedicata alla disabilità vogliamo emerga l’individuo e il cambiamento che possiamo attuare per non renderlo persona di serie B citando anche il testo dell’articolo 3 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità, che l’Assemblea delle Nazioni Unite ha approvato nel dicembre 2006.

I principi della presente Convenzione sono:

(a) il rispetto per la dignità intrinseca, l’autonomia individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte, e l’indipendenza delle persone;

(b) la non discriminazione;

(c) la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società;

(d) il rispetto per la differenza e l’accettazione delle persone con disabilità come parte della diversità umana e dell’umanità stessa;

(e) la parità di opportunità;

(f) l’accessibilità;

(g) la parità tra uomini e donne;

(h) il rispetto dello sviluppo delle capacità dei minori con disabilità e il rispetto del diritto dei minori con disabilità a preservare la propria identità.

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